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 Un Romanzo in vapore. 
Da Firenze a Livorno. Guida 
storico-umoristica 
  
    
    Carlo Lorenzini, poi Collodi, mostra 
    ammirazione per il viaggio in treno (1856), viaggio, che reputa tuttavia "lungo e 
    pericoloso". Nel capitolo XVII viene presentato un breve vademecum per il 
    viaggiatore: 
     
    "3.Cercate 
    di porre il vostro biglietto in una tasca sicura, per evitare il caso di 
    smarrirlo, e trovarvi costretto a ripagare il prezzo di tutta la gita, con 
    biglietto di prima classe (prepotenza che sa di Medioevo lontano un miglio). 
    4.Se non vi spinge necessità o veduta economica, preferite i treni ordinari 
    ai così detti treni diretti: perché quantunque da Firenze a Livorno lo 
    stradale non sia lunghissimo, nonostante la natura umana, è così caduca, 
    così esigente e così avvezzata male, che difficilmente può stare due ore di 
    seguito, senza domandarvi qualche servigio, o qualche piacere per forza. 
    - Se dovete partire con un treno diretto, prima di salire in vagone fate il 
    vostro esame di coscienza, per vedere se v'occorre nulla. Accade che, 
    durante la gita, si fanno sentire alle volte dei bisogni più imperiosi dei 
    bisogni sociali e allora, credetelo a me, la gita di piacere diventa un 
    sanguinoso epigramma". 
     
    Interessante è anche la descrizione della 
    classi da scegliere quando si viaggia in treno, che offre uno spaccato della 
    situazione ferroviaria dell'Ottocento. 
     
    "Sulla scelta della Classe, in cui dovete 
    entrare, consigliatevi col vostro porta-monete. Se amate stare in piedi, 
    entrate in quarta classe, nuovo genere di supplizio inventato recentemente, 
    a benefizio delle persone poco facoltose, dagli azionisti delle strade 
    ferrate. 
    Se poi amate l'aria fresca, la durezza delle panche e i reumi di Cervello, 
    entrate in un vagone di terza classe e sarete esaudito. Volendo salvare i 
    rispetti umani e mettersi al coperto dalla sorpresa di una pioggia 
    improvvisa o di un colpo di sole, la seconda classe è fatta apposta. 
    Se amate i comodi della vita, o se viaggiate per conto di qualche cliente, 
    non c'è da esitare: la prima classe è quella che più conviene". 
     
    Si può subito notare l'ironia che 
    contraddistingue lo stile di Collodi e che traspare proprio da questa 
    disillusa descrizioni delle classi ferroviarie. 
    Lorenzini mette inoltre in rapporto lo sviluppo ferroviario con quello degli 
    altri sviluppi tecnologici della moderna società capitalistica (di cui 
    riassume, con un po' di ironia ma anche di partecipazione, i principi 
    ispiratori, divenuti proverbiali):  
     
    "Il genere umano è attaccato da 
    un'epidemia universale - dalla febbre dei subiti guadagni. Ogni giorno, ogni 
    ora, ogni minuto, che passa oziosamente, è un'occasione perduta, un deficit 
    nella cassa dello speculatore. Le braccia dell'operaio parvero fatte 
    apoplettiche e colpite di paralisi: le distanze da un punto all'altro 
    diventarono interminabili, eterne: la lettera scritta non bastò più alla 
    velocità del genio industriale. 
    - Il tempo è moneta - allora gridò l'americano - Il tempo è moneta - ripeté 
    da un capo all'altro tutto il vecchio continente. 
    Questa formula, quasi per incanto, generò le macchine, il vapore e il 
    telegrafo. I rimasti senza lavoro cacciarono un grido di dolore: ma la 
    società è un campo di battaglia, dove chi cade, cade, e i battaglioni 
    serrati degli speculatori e degli uomini di affari passano sul corpo de' 
    feriti, irresistibilmente condotti dal loro supremo generale, l'Interesse, 
    alla moltiplicazione indefinita del Capitale. 
    Oh! Il genio della speculazione è senza pietà!". 
     
    Nel secondo capitolo del suo 
    "romanzo", Collodi offre al lettore una breve storia di come il vapore sia 
    stato utilizzato per i mezzi di locomozione, senza mai risultare didattico o 
    pedante. Anzi, questa breve lezione viene fatta con umorismo e corredata con 
    aneddoti: l'autore non vuole solo insegnare, vuole soprattutto divertire i 
    viaggiatori della Leopolda. L'ironia di Collodi si può notare nella voluta 
    sopravvalutazione dei passeggeri, che, ben lontani dal conoscere tutta la 
    storia del vapore, vengono invece considerati già eruditi riguardo a questo 
    argomento. 
     
    "Ma così, di mano in mano, e colla scusa di 
    raccontare l'aneddoto dello studente di Pisa, non mi accorgeva che io vi 
    andava facendo la storia del vapore e delle strade ferrate - cose tutte, che 
    voi sapete benissimo, e che non avete bisogno che nessuno ve le venga a 
    insegnare. Se per caso, fra i miei lettori, vi si trovasse qualche 
    passeggero più o meno Stephenson, lo prego a voler considerare il presente 
    Capitolo, come se fosse nullo e non avvenuto!" 
     
    Attraverso la voce di un impiegato delle 
    ferrovie, poi, Collodi sottopone al lettore una serie di dati tecnici 
    riguardo alla Leopolda (lunghezza della linea, stazioni, costo della 
    costruzione, macchine in servizio, movimento annuo dei passeggeri), nel 
    capitolo quinto. Finalmente, dopo un cenno al "romanzo" vero e proprio nel 
    capitolo settimo, Collodi dà il via al viaggio:  
     
    "La campanella suonò: il fischio della locomotiva 
    Lacerator di ben costrutte orecchie 
    echeggiò sotto la soffitta della Stazione; gli sportelli delle carrozze, 
    l'un dopo l'altro, fortemente sbattendo, si chiusero - e il convoglio, 
    flottando con respiro sordo e affannoso, si pose in moto alla volta di 
    Livorno!" 
     
    Collodi coglie il ritmo del treno che comincia 
    la sua corsa, ce lo fa sentire, così come farà nel 1924 
    George Gershwin 
    nella sua Rapsodia in blu, non a caso ispirata proprio dal ritmo sbuffante 
    di un convoglio ferroviario. Consiglio di ascoltare questa rapsodia durante 
    la lettura di Un romanzo in vapore: si riesce a rivivere l'emozione di un 
    viaggio in treno, sentendo la forza dello sbuffo del vapore, della 
    locomotiva che accelera nella sua corsa, della fermata nelle stazioni e 
    della graduale ripresa di velocità. 
    Di ogni stazione Collodi descrive brevemente ma anche accuratamente la 
    storia e, per le fermate maggiori, anche i teatri e i luoghi di svago 
    reperibili in quelle città. Le descrizioni di Collodi sono incisive ed 
    estremamente sagaci, come mostra il commento riguardo alle bellezze 
    artistiche di Livorno: 
     
    "In fatto di monumenti e di cose antiche, Livorno ha ben poco da 
    presentare all'occhio dell'artista e dell'amatore. E ciò si capisce 
    facilmente: imperocché nelle città consacrate quasi esclusivamente al 
    commercio e all'industria, le belle Arti non vi respirano a modo loro e 
    raramente vi ottengono la Carta di soggiorno!" 
     
    Con questa osservazione Lorenzini mostra uno 
    spirito acuto e una grande capacità di osservazione: se ben ci si pensa, le 
    moderne città potrebbero essere accusate della medesima povertà di bellezze 
    artistiche. 
    Forse per un eccesso di pedanteria, Collodi si spinge a descrivere anche le 
    fattezze degli abitanti delle città toccate dalla Leopolda:  
     
    "La donna livornese, e particolarmente la donna del popolo ha, in 
    generale, fattezze regolari, begli occhi, bei denti - e molti capelli. Il 
    maschio non presenta nulla di singolare che lo distingua - seppure non si 
    vogliano eccettuare i barcaioli e i saccaioli, nei quali l'esercizio 
    quotidiano di una vita affaticata, sviluppa ordinariamente delle forme 
    robuste e delle tendenze ercoline!" 
     
    Importante testimonianza della diffusione 
    delle strade ferrate, Un romanzo in 
    vapore resta un documento unico per 
    il suo humour e per la consapevolezza mostrata del nuovo sistema di 
    trasporto, analizzato con disincanto e attenzione. | 
   
 
  
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