Il viaggio di Goethe fu 
    una specie di fuga. Il lavoro come ministro a Weimar aveva soffocato la sua 
    creatività. Sentì la necessità di cambiare pelle. L'Italia era sempre stata 
    il suo sogno, l'Italia classica della Magna Grecia e dei Romani. All'inizio 
    Goethe viaggiava sotto un altro nome, non voleva essere riconosciuto, voleva 
    godersi l'Italia senza dover rendere conto a nessuno. Per alcuni mesi 
    nemmeno sua madre, nemmeno i suoi amici più stretti avevano notizie di lui. 
     
    Nel settecento il "turismo" come lo conosciamo oggi non esisteva. Viaggiare 
    era pericoloso, i ladri erano sempre presenti nelle strade. Inoltre le 
    carrozze facilmente si rompevano per il cattivo stato delle strade. Per i 
    viaggi all'estero c'era un ulteriore problema: la lingua. Pochissima gente 
    sapeva una lingua straniera. I viaggi erano lenti e lunghi, in una settimana 
    si facevano forse 400-500 chilometri, e solo i più ricchi avevano i soldi 
    per fare un viaggio più lungo. 
     
    Era una piccola minoranza che viaggiava: c'erano i commercianti che lo 
    facevano per necessità. Poi i pellegrini che andavano a Roma per ottenere 
    l'indulgenza. E infine gli scrittori, i pittori e architetti che volevano 
    imparare presso maestri stranieri o cercavano ispirazioni artistiche. Dürer 
    per esempio andò in Italia e in Olanda per imparare. Architetti e pittori 
    italiani andarono in Germania, perché lì c'erano più possibilità di 
    guadagnare. Il piccolo Mozart fu portato in giro per l'Europa per farsi 
    conoscere. I viaggi erano dunque quasi sempre per motivi di lavoro o di 
    studio. Tra il XVIII e il XIX secolo un viaggio nel bel paese diventò una 
    tappa quasi obbligatoria nell'educazione dei giovani delle famiglie ricche. 
    Nel Settecento c'erano già alcuni, pochi, "luoghi di riposo" dove i ricchi 
    andarono per divertimento, un viaggio restava comunque sempre un'impresa 
    notevole, costosa e non senza pericoli. Il 95% della gente non lasciava 
    praticamente mai la propria città. 
     
    Quello che Goethe cercò in Italia non era l'Italia di Michelangelo, di 
    Leonardo, della grande pittura e architettura rinascimentale e barocca. 
    Durante il primo soggiorno a Firenze si fermò per appena 3 ore, e a Roma, 
    nella Cappella Sistina, si addormentò. Lui cerca l'antichità e quando, a 
    Verona, vide per la prima volta un monumento romano "dal vivo", cioè 
    l'Arena, fu felice. Una volta arrivato a Roma, si sentì subito a casa. Il 
    viaggio doveva durare alcuni mesi, alla fine furono quasi due anni. Più che 
    un viaggio in Italia era una vita in Italia, e più si fermò, più cominciò ad 
    interessarsi anche della vita italiana. Goethe cambiò e si può notare un 
    fatto piuttosto strano: lui che in passato aveva scritto innumerevoli poesie 
    d'amore e romanzi pieni di passione, solo qui, in Italia, scopre l'amore, 
    quello fisico, sensuale. Oltre a dipingere continuamente (portò a casa ca. 
    mille disegni), ricominciò a scrivere e a diventare creativo. Il suo diario, 
    pubblicato nel 1829, non è una descrizione del paese, è piuttosto una 
    descrizione delle impressioni che riceveva dal paese e dalla gente, 
    mescolata con riflessioni sue sull' arte, la cultura e la letteratura. 
    Leggendo il libro si capisce più di Goethe che dell'Italia. Ma nonostante 
    ciò e anche un libro sull'Italia, ma su un'Italia del tutto goethiana, è la 
    sua Italia, un'Italia che nessun altro poteva vivere così. 
     
    Tutti i tentativi di Goethe di ripetere l'esperienza unica e stimolante del 
    primo viaggio in Italia sono falliti. La seconda volta arrivò fino a 
    Venezia, ma non vide più gli ideali classici, vide solo il disordine e il 
    malfunzionamento delle cose pubbliche. La terza volta arrivò solo fino al 
    confine, poi tornò a casa. Il suo bisogno di evadere non era più (forse) 
    sufficientemente grande.
    Questa poesia di Goethe è diventata l'espressione 
    classica della nostalgia ("Sehnsucht") di molti artisti verso l'Italia: 
    
      
      
        
          
          Kennst du das 
          Land, wo die Zitronen blühn, 
          Im dunklen Laub die Goldorangen glühn, 
          Ein sanfter Wind vom blauen Himmel weht, 
          Die Myrte still und hoch der Lorbeer steht, 
          Kennst du es wohl? 
          Dahin! Dahin 
          Möcht ich mit dir, o mein Geliebter, ziehn! | 
          
          Conosci tu il paese 
          dove fioriscono i limoni? 
          Nel verde fogliame splendono arance d'oro 
          Un vento lieve spira dal cielo azzurro 
          Tranquillo è il mirto, sereno l'alloro 
          Lo conosci tu bene? 
          Laggiù, laggiù 
          Vorrei con te, o mio amato, andare! | 
         
       
      
     
    Lo stesso Goethe, 
    durante il suo secondo viaggio, scrisse invece: 
    
      
      
        
          
          Noch ist Italien, 
          wie ichs verließ, noch stäuben die Wege, 
          Noch ist der Fremde geprellt, stell er sich,  
          wie er auch will. 
          Deutsche Rechtlichkeit suchst du in allen Winkeln vergebens, 
          Leben und Weben ist hier, aber nicht Ordnung und Zucht; 
          Jeder sorgt nur für sich, ist eitel, misstrauet dem andern, 
          Und die meister des Staats sorgen nur wieder für sich. 
          Schön ist das Land! doch ach! Faustinen find ich nicht wieder. 
          Das ist Italien nicht mehr, das ich mit Schmerzen verließ. | 
          
          L'Italia è ancora 
          come la lasciai, ancora polvere sulle strade, 
          ancora truffe al forestiero, si presenti  
          come vuole. 
          Onestà tedesca ovunque cercherai invano, 
           
          c'è vita e animazione qui, ma non ordine  
          e disciplina; 
          ognuno pensa per sé, è vano, dell'altro diffida, 
           
          e i capi dello stato, pure loro, pensano solo  
          per sé. 
          Bello è il paese! Ma Faustina, ahimè, più non ritrovo. 
          Non è più questa l'Italia che lasciai con dolore. | 
         
       
      
     
     |