inviateci dagli amici del Gruppo Entasis di Torino
LA CANZONE DI CARNEVALE
Un chiurlo nella notte epifanica
E' risveglio inquietante
Trapunto silenzio di coppie avvinte
S'abbracciano discinte.
Marcia al freddo suono morente ascolto
Di pifferi e tamburi
Festa che luce vince il sonno inverno.
L'alacre menestrello
Scruta dalle persiane carosello.
Corimbo solare guazza gli stecchi
Vibrante di bandiere
Esplodono luce tetti d'argilla
Cittā cuore fibrilla.
Viva il Generale orgoglio d'ufficiale!
Disordine d'ordine
Ragazze occhi lo mangiano bramose.
Plaude festosa gente
Bello di gloria tronfio sorridente.
Un ebbro sciame sanculotto opprime
D'attesa estenuante
Infine dalla loggia la Mugnaia.
Lungodora ghiacciaia
Berretto frigio il capo ti ripara.
Fontana tra le stelle
Bario e magnesio su folla silente.
Vetrata che si frange
A pezzi sull'ansa il cielo ti piange.
Solo tra un anno tornerō l'arzanā.
I tarocchi a grandine
Pugna vana d'eroici cittadini.
I carri di reazione
Strenue piazze poltiglia d'emozione.
IPPOCASTANI
Ombrosa frasca capanna arcuata.
Al capezzale di silente pace
Auto a spina esauste coronano
Un incastro d'incessante ricambio.
Fiorito tappeto nuziale pesto
D'immotivata gloria esaltante.
Di speranze futuristiche spinte
Entusiaste conquistano il cuore.
Ad Aosta sul Boulevard de la Paix
Felice sole m'inonda di festa.
Solo questo a spezzare la cappa
Di questa frusta esistenza banale.
Nel mesto plasma di case serrate
Vuoto il sacco di lacrime vane.
MELOGRANI
Afa mortale riposo e lettura
In pigri sordi mattini d'estate
Nel vesuviano verde sul balcone
La fiorita ceralacca solare.
Mesti gocciolii da leone rampante
Il concerto del melograno d'acciaio.
Qui nel cortile d'affreschi artigiani
Medioevali scorci colmi di vita.
Umido gelo al castello d'Issogne
Dal loggiato esistenziali rimpianti
Le rassegnate tristezze dell'oggi.
E come stecchito arbusto di vaso
A lungo obbliato di cure d'amore
Arido cuore tracimato di noia.
DOPO LA MAREGGIATA
Ciottoli di calcare saccaroide,
opalescente madreperla incistita,
antichi lapilli scarlatti
e la variegata scheggia
della mattonella medioevale
sulla proda tormentata
di un verdastro, irreversibile,
viscido mare eutrofizzato.
Scomparsi i contorti frammenti corallini,
tra vidalie sconfitte celati,
della remota infanzia.
Preziosi e rari,
in una latta arrugginita custoditi,
col coperchio a incastro,
stancamente saltellano nel petto.
SABBIA
Sabbia tra ossa perlate di clessidra
Scorre in melanconici pensieri.
Ripetizioni e successioni
Color fulvo leone e fango
Fino a sgorgare il mare.
Umida terra sconfitta
Alla comunicante cima;
Dimidia dell'essere
Agostiniani dilemmi
Ricoperti con mano.
Nel mattino una corsa
Entusiasta incosciente.
LA TIRANNIA DEI MORTI
Dorme l'uomo il sonno della vita.
Denti digrignanti nella notte
Dischiudono abissi di ossa
Sedimentate in nicchie sotterranee.
Affreschi sbiaditi di figure oranti
Placano il percorso ansioso
D'impressionistiche reminiscenze
Di dorate espressioni bizantine.
Teschi di santi e di appestati
Allineati attraverso cubicoli
In oscuri corridoi labirintici
Innumerevoli urlano memorie
Disperse dal neoclassico candore
Di riedificate chiese paleocristiane
Dalle tufacee brezze collinari
Ma risorgenti nei corpi di luce
Di Ribera e Caravaggio museali.
Il sangue dei morti cammina con noi
Arrossa i visi belli delle donne
Pulsa negli osculi della cittā porosa.
"Los muertos estān vivos
oh huesos todava con fiebre"
Ma nessuno se ne cura affatto.
Dormono i vivi abbandonati
All'oblio della cronaca incessante.
Come Phlebes dimenticano il grido
dei gabbiani.
Phlebes é morto ma vive
Nella carne viva di dormienti vivi
Liberi come primordiali selvaggi
Senza storia e senza gloria
Incoscientemente affrancati
Dalla dolce tirannia dei morti.